venerdì 21 settembre 2012

IL CAVALIERE NON VIOLENTO


QUESTA SPIRITOSA FAVOLA SCRITTA DA FRANCESCO ROBBIANO E' UN ESEMPIO DI RISTRUTTURAZIONE DI UN COPIONE CLASSICO. ALIAS COME VEDERE SOTTO UN'ALTRA LUCE LA STORIA DELLA BELLA PRINCIPESSA PRIGIONIERA DEL DRAGO.
 
 
Dentro l’alta torre, sopra il potente drago, oltre l’erta scala e al centro dell’angusta stanza con piccola finestra vista mai, Abelina corrisponde quasi perfettamente ai canoni della bellissima principessa da salvare: è bellissima, è una principessa e soprattutto vorrebbe essere salvata.
Però è stronza.

Per esempio, la lista della spesa che oggi Abelina lascia al drago è:
 
 
 

  • drago ti odio
  • 2 pacchetti di sigarette gusto fragola
  • 1 crema anticellulite
  • muori muori muori muori
  • 1 leccalecca leccalecca azzurro a forma di pene di principe
  • 1 poster di San Giorgio
  • vaffanculo drago



Dopo anni di forzata convivenza, il drago ormai conosce l’unica arma con cui può resisterle: la pazienza. Si fa scivolare addosso le beffe e gli insulti, fa arrivare alla torre tutte le sciocchezze che Abelina chiede e poi le recapita, insieme a un buon pranzo e alla biancheria pulita, nella stanza della principessa.

Negli ultimi anni sono sempre meno i cavalieri che si presentano alla torre per sfidare il drago e salvare la principessa. Quasi tutti sono disperati piantagrane in cerca di un ultimo tentativo per raddrizzare le loro vite bruciate. In genere, basta una fiammata distratta per carbonizzarli e farli precipitare verso il loro insuccesso.

Il giovane cavaliere che oggi si avvicina alla torre è il famoso cavaliere non violento: è noto nel reame per portare a termine le sue imprese con il minor spargimento di sangue possibile. Quasi sempre, neanche un ferito lieve


Equipaggiamento del cavaliere non violento:

  • 1 scudo Mahatma” con effige di Gandhi e scritta “I Love my enemy”
  • set di 12 frecce  "Nannadoro" con punta sonnifera
  • 1 arco ecologico in legno di bambù
  • 1 libro di mantra buddhisti
  • 1 spada "ultimaspiaggia
  • incenso da meditazione 



- Scappa, ragazzo, finché sei in tempo. Sei bello, hai una vita di libertà di fronte a te – pensa il drago. Ma il cavaliere è qui per combattere, non c’è più spazio per i pensieri. La prima debole fiammata viene schivata agevolmente, con un movimento breve e rapido.
Un’altra fiammata, più forte e decisa, e un altro balzo, altrettanto agevole. Altre fiammate, altri fendenti, neanche un colpo a segno.
La principessa, abituata a sentire per pochi secondi gli echi di una lotta impari, poi il rumore di un rutto infuocato seguito da un silenzio vuoto di speranza, oggi è attratta dall’insolita durata della lotta. Nervosamente, aspetta.
Il drago incrocia lo sguardo del cavaliere, è uno sguardo meravigliosamente vivo.
Colpo d’ala, colpo di zampa, fiammata fortissima. Schivato, schivato, schivata.
Il cavaliere sembra danzare con il drago una fantastica capoeira non violenta, in cui nessuno colpisce nessuno. All’improvviso, il drago sente una puntura
fortissima sulla lingua. Si tratta di una freccia Nannadoro scagliata dal cavaliere dopo l’ennesima fiamma schivata. Il tempo di sentirne il sapore amaro per un secondo e il drago crolla a terra con dolcezza.
– Ne avrai per un paio d’ore, lucertolone, al tuo risveglio sarò già fuggito con la principessa – sussurra il
cavaliere.
Accende un bastoncino d’incenso profumato alla magnolia e si allontana con un inchino che il drago non può vedere: dorme già profondamente. Il cavaliere, euforico e senza un graffio, bussa trepidante alla porta della principessa. Sa di
essere atteso, ed entra.

- Mio eroe! Finalmente! Hai ucciso quel brutto drago per me! Evviva, l’hai ucciso! – La principessa lo accoglie con un insolito sorriso.
- Buongiorno principessa, che la pace sia con voi. In effetti ho sconfitto il drago per salvarvi, anche se tecnicamente non l’ho ucciso. Ora, in ginocchio da voi, chiedo il permesso di prendervi in braccio e baciarvi, per celebrare il…
- Scusa scusa scusa come hai detto? – Il sorriso sparisce subito dal volto di Abelina – Non l’hai ucciso? Non hai nemmeno ucciso quella schifo di lucertola sputafuoco e io dovrei pure baciarti?
- Principessa, in primo luogo vorrei farvi notare che si tratta di uno dei rarissimi esemplari viventi di Lacertilia Draconis, specie in serio pericolo di estinzione – replica pacatamente il cavaliere restando in ginocchio davanti ad Abelina – e comunque a noi basta che il drago rimanga addormentato per il tempo sufficiente a scappare. Possiamo uscire indisturbati e vivere felici e contenti!
La principessa guarda il cavaliere dritto negli occhi. Uno sguardo cattivo e
molto serio. - Non voglio scappare, voglio vincere. Il drago è la mia prigione. Se mi vuoi, la tua ninnananna non basta. Devi ucciderlo.
Il cavaliere si rialza, fa una pausa per raccogliere le idee e inizia a parlare con lentezza, come se stesse leggendo un pensiero, sempre più chiaro davanti ai suoi occhi.
- Sì, speravo di potermela cavare così, e come al solito pensavo di ottenere il massimo: principessa salva, zero violenza, neanche un graffio, libertà, trionfo completo. Ma questa volta devo ammettere che avete ragione voi, principessa. La mia spada dovrà finalmente conoscere il sangue.
Il Cavaliere si gira, attraversa la stanza in direzione della porta, poi torna indietro verso la principessa, poi di nuovo verso la porta. E’ un passeggiare nervoso. Non ha mai ucciso nessuno, ma ora sa di doverlo fare.
- Sbrigati, imbecille! – strilla Abelina.
Il Cavaliere ferma il suo andirivieni e prende un respiro, estrae la spada “Ultimaspiaggia” e con un colpo netto stacca la testa alla principessa. Chiede scusa, bastoncino di incenso, si volta, esce. Si sdraia vicino al drago, piange un po’, riposa.

Quando il drago si sveglia nessuno ha bisogno di chiedere, nessuno di spiegare. Solo dopo alcuni minuti il cavaliere rompe la fragile crosta di silenzio:
- Lo sentivo che il mio destino era di liberare qualcuno. Ma non ne sospettavo il prezzo. - Ora dobbiamo andare amico, questa torre non è più casa mia - dice il drago.
Come due vecchi amici, il cavaliere e il drago escono dalla torre e si avviano lentamente verso il tramonto.


venerdì 7 settembre 2012

L'ECCELLENZA. SECONDO UN UOMO CHE NON SMETTE MAI DI CERCARE NUOVI MONDI

    Vincenzo Russi, direttore generale Cefriel,
centro di eccellenza per l'innovazione, la ricerca e la formazione nel settore  Ict


Dottor Russi, lei oggi dirige un’importante struttura di talenti in campo tecnologico.
Come ha deciso di fare quello che fa?
Beh, diciamo che quello che faccio, e che coincide con una grande passione, è qualcosa che mi sono guadagnato sul campo, con impegno e fatica.

Vuol dire che la fortuna non c’entra neanche un po’?
(Sorride.) Di solito entro in polemica con chi mi dà del fortunato: la fortuna, per dirla con Randy Pausch, grande informatico oggi scomparso, è l’incontro tra competenza e opportunità. E io l’opportunità l’ho cercata, eccome. A un certo punto sono partito, con una valigia di sogni, per andare negli Stati Uniti. Se fossi rimasto in Abruzzo, oggi probabilmente non sarei il manager che sono.

Quando si parla di Cefriel si parla di innovazione. Ma che cos’è per lei l’innovazione?
Le rispondo con una frase che è incisa su di una stele a Cabo de Roca, il punto più occidentale d’Europa, in Portogallo. E’ dedicata a coloro che partirono alla conquista delle Americhe: “Andarono alla ricerca di altri mondi per coloro che un mondo già l’avevano.” Secondo me, è la più bella definizione di innovazione.

Quali sono i mondi di cui va in cerca?
Da bambino mi alzai prima dell’alba per assistere all’atterraggio degli astronauti sulla Luna. Ero eccitato ma anche deluso dall’idea che non avrei più potuto compiere io quell’impresa. Dissi a mio padre che sarei andato su Marte. Allora esisteva una visione di respiro planetario. Oggi, gli unici esempi di grandi invenzioni confrontabili con quella conquista sono Internet e il PC. E, in questi tempi di crisi e riduzione dei costi, l’innovazione sembrerebbe identificarsi soprattutto con la creazione di videogiochi e di nuove reti sociali.

Visione un filo pessimistica. Ma del resto anche la Luna e Marte sono parecchio lontani dalla realtà. In che modo il viaggio sulla Luna ha potuto influenzare concretamente l’innovazione sulla Terra?
Quello è stato un periodo in cui si è fatto un notevole balzo in avanti: lo sforzo per andare sulla Luna ha stimolato la ricerca, per esempio lo studio di nuovi materiali o la messa a punto di algoritmi e sistemi di calcolo sempre più sofisticati. Consideri che la capacità di calcolo del computer, a bordo della navicella degli astronauti, era una frazione di quella del mio cellulare.

Che differenza c’è tra un buon innovatore e un innovatore eccellente?
La curiosità intellettuale, la capacità di raccogliere ed elaborare stimoli ovunque: benché io mi occupi di tecnologia, anche uno spettacolo d’avanguardia a teatro può essere fonte d’ispirazione. E perfino quest’intervista.

Invece, che differenza c’è tra un buon direttore generale e un direttore generale eccellente?
Beh, si può dirigere in modo tradizionale, controllando esclusivamente che la macchina funzioni e sia ben oliata.

Ma lei non si è limitato a fare il “macchinista”… è andato oltre.
Sì, anche in senso geografico. Quando sono arrivato, il Cefriel era una struttura italiana. Mi sono speso senza limiti per contribuire a dargli una dimensione internazionale.

Un difetto che si tiene volentieri?
Da ragazzo, ogni tanto, apparivo un po’ chiuso, mi capitava di volermene stare per conto mio. Passavano gli amici e mi dicevano: “Vieni al mare? Vieni alla festa?” E io: “No, non vengo. Oggi me ne sto a casa.” Questo lato del mio carattere infastidiva i miei e gli amici. Tuttavia, si è rivelato utile: mi ha permesso di sviluppare una capacità di analisi profonda e di confronto con me stesso.

E invece una qualità di cui, qualche volta, farebbe volentieri a meno?
Quella opposta: l’essere estroverso, lo stabilire relazioni con grande facilità. Il mio modo di fare può suscitare imbarazzo. Tendo a dimenticarmi delle formalità e faccio fatica a usare i titoli… Sa che non mi faccio dare del lei nemmeno dagli studenti?

Non ha ancora buttato fuori noi però…
Giusto, perché non passiamo al tu?

Volentieri. Allora, Vincenzo, raccontaci qualche momento della tua vita in cui ti sei sentito davvero appagato.
Quando ho saputo che sarei diventato papà. Quando il Rettore del Politecnico di Milano ha riconosciuto l’importanza del mio contributo alla crescita di questa struttura. E anche quando, a casa, riesco a sostituirmi all’idraulico o all’elettricista e ad aggiustare qualcosa che si è rotto …

E che cosa c’è in comune tra questi momenti così diversi?
Che, per questa via, dimostro qualcosa di me.

Qual è il segreto del tuo successo?
Ai giornalisti che gli rivolgevano questa stessa domanda,  Randy Pausch rispondeva: “Posso incontrarvi per spiegarvelo venerdì sera dopo le dieci.“ Io non sono Pausch ma, ieri, la mia giornata lavorativa è iniziata alle tre e mezza di mattina.

Touché.Ti facciamo l’ultima domanda: in cosa consiste la tua particolare eccellenza?
Nel fatto che non capisco perché me la attribuiate.

Spiegati meglio…
In Abruzzo, quando mi hanno assegnato il premio, le persone che mi conoscevano sono state invitate a scrivere qualcosa di me: i più hanno parlato di “umiltà e umanità” e di “attenzione profonda per ogni persona” indipendentemente dal ruolo e dalla posizione.

Quindi la tua eccellenza consiste nell’umiltà?
Se così fosse ne sarei fiero. Non mi apparteneva agli inizi della mia vita professionale: sono stati anche gli insuccessi a renderla una cifra della mia personalità.

mercoledì 25 luglio 2012


PERCHE’ SUPERMAN DEVE ANDARE A NASCONDERSI

Riflessione estiva su cosa sia l’eccellenza

Di solito, i supereroi sono persone normali che acquisiscono doti straordinarie. Superman no: con lui funziona all’inverso. Quando viene ritrovato, nella navicella spaziale che fa da culla, il neonato indossa già la tutina blu con la esse e la mantellina rossa. E ha già tutti i suoi superpoteri. Questo però sulla Terra si rivela un problema. Il bebè distrugge i giocattoli non appena li tocca. Solleva i letti, gli armadi e anche i dottori. Crescendo, si becca una ramanzina dietro l’altra. Ben presto, impara a nascondere le sue imbarazzanti qualità e si rifugia dietro i panni del timido e imbranato Clark Kent.
In un certo senso, questa è un po’ la storia di molti. Dotati dalla nascita di eccellenti potenzialità, preferiscono dissimularle. Nati Superman, diventano Clark Kent per non dare nell’occhio.
La società finge di ammirare i Superman, in realtà li detesta, talvolta li perseguita.
A loro, preferisce di gran lunga i Medioman.

venerdì 15 giugno 2012

COME USARE LA MATEMATICA PER CONQUISTARE UNA BIONDA



... secondo un giovane John Nash, futuro vincitore del Nobel per l'Economia grazie ai suoi studi matematici applicati alla Teoria dei Giochi. Scoprite la sua teoria in questo divertente spezzone del film a lui dedicato.



martedì 29 maggio 2012

QUELLO CHE LA MAFIA TI TOGLIE: LA TESTIMONIANZA DI VINCENZO CONTICELLO E DI ALTRI UOMINI CORAGGIOSI





Qualche tempo fa abbiamo intervistato Vincenzo Conticello, imprenditore palermitano che ci ha raccontato di come porti avanti con tenacia la sua attività malgrado minacce e pressioni. Qui lo vediamo da Fazio insieme a persone che condividono il suo stesso  coraggio: uno dopo l'altro, ci raccontano il loro vissuto quotidiano e ciò di cui sono costretti a privarsi.

martedì 22 maggio 2012

LA CLAUDICANZA DI BAHARIER





"La parola a cui sono legato è claudicanza; sul dizionario troverete claudicante ma io sono parigino perciò passatemi il francesismo; ciascun uomo dovrebbe essere affezionato a questa parola perché siamo tutti claudicanti; ce lo dice anche la Bibbia, nella Creazione, quando vengono creati, ben prima dell'uomo, i grandi luminari del cielo: sole e luna."








venerdì 4 maggio 2012

Erri De Luca presenta "Il torto del soldato"




Il nuovo romanzo di Erri De Luca. 
Un vecchio criminale di guerra vive con sua figlia, divisa tra la repulsione e il dovere di accudire. Lui è convinto di avere per unico torto la sconfitta. Lei non vuole sapere i capi d'accusa perché il torto di suo padre non è per lei riducibile a circostanza, momento della storia. Insieme vanno a un appuntamento prescritto dalla kabbalà ebraica, che fa coincidere la parola fine con la parola vendetta. Pretesto sono le pagine impugnate da uno sconosciuto in una locanda.









martedì 17 aprile 2012

MA L'INCHINO PIÚ PERICOLOSO NON E' STATO QUELLO DI SCHETTINO



Oggi la parola “inchino”, innocua  fino a ieri l’altro – e perfino un po’ retro - ha acquistato un nuovo, sinistro significato.
Ma l’azzardata manovra del capitano Schettino non rappresenta un’eccezione: il cosiddetto “inchino” della nave all’isola del Giglio era un rito. Pare già ripetuto per cinquantadue volte. Un rito improvvisamente salito alla ribalta delle cronache solo perché, alla cinquantatreesima, è finito male. Che era pericoloso si sapeva. Dunque, la domanda è: perché succedesse quello che è successo, tra tutti gli attori della tragedia, chi è stato connivente con chi? Quante volte e davanti a quale vanità o necessità si è scelto di chinare tacitamente la testa? E in che modo gli inchini di molti, da tutti compiuti con leggerezza,  hanno creato la sequenza che ha condotto alla catastrofe?
Questa domanda oggi pende sulla testa della Costa Crociere ma la dovrebbero tenere presente tutte le organizzazioni. Chinare la testa di fronte a qualcosa di non lecito o di non chiaro, e magari rifiutarsi di vederlo, può costare molto caro. Basta pensare al Columbia, lo shuttle precipitato negli U.S.A. nel 2003. I tecnici avevano rilevato la presenza di anomalie ma, così sembra, la faccenda venne sottovalutata da chi doveva prendere le decisioni. Tutti misero a tacere i loro dubbi e chinarono la testa: di fronte alle difficoltà, alla burocrazia, al destino, ai giochi di potere. Sette morti qua, trentatré là. Tanto può costare un inchino.











mercoledì 4 aprile 2012

LA NOSTRA PIU' GRANDE PAURA...







La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di là di ogni misura.
E’ la nostra luce, non il nostro buio ciò che ci spaventa.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?”.
In realtà, chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio dell’Universo.
Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Noi siamo fatti per risplendere come fanno i bambini.
Noi siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell’universo che è in noi.
Non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente,
diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.
Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri."

Nelson Mandela










lunedì 2 aprile 2012

LOST





Stand still. The trees ahead and bushes beside you
Are not lost. Wherever you are is called Here,
And you must treat it as a powerful stranger,
Must ask permission to know it and be known.
The forest breathes. Listen. It answers,
I have made this place around you.
If you leave it, you may come back again, saying Here.
No two trees are the same to Raven.
No two branches are the same to Wren.
If what a tree or a bush does is lost on you,
You are surely lost. Stand still. The forest knows
Where you are. You must let it find you.
David Wagoner -
A volte, quando pensiamo di esserci persi, vale la pena fermarsi; stare immobili “in mezzo alla foresta” e agli intrichi da cui non riusciamo più a uscire. E aspettare, in un certo senso, che sia “la foresta” a trovare noi. 
Questa poesia di Wagoner è un invito a sostare tranquilli nell’incertezza, senza agire freneticamente a tutti i costi. Gustarsi fino in fondo la sensazione di essersi perduti è spesso il primo passo per ritrovarsi.