Vincenzo Russi, direttore generale Cefriel, centro di eccellenza per l'innovazione, la ricerca e la formazione nel settore Ict |
Dottor Russi, lei oggi dirige
un’importante struttura di talenti in campo tecnologico.
Come
ha deciso di fare quello che fa?
Beh, diciamo che quello che faccio, e che coincide
con una grande passione, è qualcosa che mi sono guadagnato sul campo, con impegno
e fatica.
Vuol
dire che la fortuna non c’entra neanche un po’?
(Sorride.) Di
solito entro in polemica con chi mi dà del fortunato: la fortuna, per dirla con
Randy Pausch, grande informatico oggi scomparso, è l’incontro tra competenza e
opportunità. E io l’opportunità l’ho cercata, eccome. A un certo punto sono
partito, con una valigia di sogni, per andare negli Stati Uniti. Se fossi
rimasto in Abruzzo, oggi probabilmente non sarei il manager che sono.
Quando
si parla di Cefriel si parla di innovazione. Ma che cos’è per lei
l’innovazione?
Le rispondo con una frase che è incisa su di una
stele a Cabo de Roca, il punto più occidentale d’Europa, in Portogallo. E’
dedicata a coloro che partirono alla conquista delle Americhe: “Andarono alla ricerca di altri mondi per
coloro che un mondo già l’avevano.” Secondo me, è la più bella definizione
di innovazione.
Quali
sono i mondi di cui va in cerca?
Da bambino mi alzai prima dell’alba per assistere
all’atterraggio degli astronauti sulla Luna. Ero eccitato ma anche deluso dall’idea
che non avrei più potuto compiere io quell’impresa. Dissi a mio padre che sarei
andato su Marte. Allora esisteva una visione di respiro planetario. Oggi, gli
unici esempi di grandi invenzioni confrontabili con quella conquista sono Internet
e il PC. E, in questi tempi di crisi e riduzione dei costi, l’innovazione
sembrerebbe identificarsi soprattutto con la creazione di videogiochi e di
nuove reti sociali.
Visione
un filo pessimistica. Ma del resto anche la Luna e Marte sono parecchio lontani
dalla realtà. In che modo il viaggio sulla Luna ha potuto influenzare
concretamente l’innovazione sulla Terra?
Quello è stato un periodo in cui si è fatto un
notevole balzo in avanti: lo sforzo per andare sulla Luna ha stimolato la
ricerca, per esempio lo studio di nuovi materiali o la messa a punto di algoritmi
e sistemi di calcolo sempre più sofisticati. Consideri che la capacità di
calcolo del computer, a bordo della navicella degli astronauti, era una
frazione di quella del mio cellulare.
Che
differenza c’è tra un buon innovatore e un innovatore eccellente?
La curiosità intellettuale, la capacità di
raccogliere ed elaborare stimoli ovunque: benché io mi occupi di tecnologia,
anche uno spettacolo d’avanguardia a teatro può essere fonte d’ispirazione. E
perfino quest’intervista.
Invece,
che differenza c’è tra un buon direttore generale e un direttore generale
eccellente?
Beh, si può dirigere in modo tradizionale, controllando
esclusivamente che la macchina funzioni e sia ben oliata.
Ma
lei non si è limitato a fare il “macchinista”… è andato oltre.
Sì, anche in senso geografico. Quando sono
arrivato, il Cefriel era una struttura italiana. Mi sono speso
senza limiti per contribuire a dargli una dimensione internazionale.
Un
difetto che si tiene volentieri?
Da
ragazzo, ogni tanto, apparivo un po’ chiuso, mi capitava di volermene stare per
conto mio. Passavano gli amici e mi dicevano: “Vieni al mare? Vieni alla festa?” E io: “No, non vengo. Oggi me ne sto a casa.” Questo lato del mio
carattere infastidiva i miei e gli amici. Tuttavia, si è rivelato utile: mi ha
permesso di sviluppare una capacità di analisi profonda e di confronto con me
stesso.
E
invece una qualità di cui, qualche volta, farebbe volentieri a meno?
Quella opposta: l’essere estroverso, lo stabilire
relazioni con grande facilità. Il mio modo di fare può suscitare imbarazzo. Tendo
a dimenticarmi delle formalità e faccio fatica a usare i titoli… Sa che non mi
faccio dare del lei nemmeno dagli studenti?
Non
ha ancora buttato fuori noi però…
Giusto, perché non passiamo al tu?
Volentieri.
Allora, Vincenzo, raccontaci qualche momento della tua vita in cui ti sei
sentito davvero appagato.
Quando ho saputo che sarei diventato papà. Quando
il Rettore del Politecnico di Milano ha riconosciuto l’importanza del mio
contributo alla crescita di questa struttura. E anche quando, a casa, riesco a
sostituirmi all’idraulico o all’elettricista e ad aggiustare qualcosa che si è
rotto …
E
che cosa c’è in comune tra questi momenti così diversi?
Che, per questa via, dimostro qualcosa di me.
Qual
è il segreto del tuo successo?
Ai
giornalisti che gli rivolgevano questa stessa domanda, Randy Pausch rispondeva: “Posso incontrarvi
per spiegarvelo venerdì sera dopo le dieci.“ Io non sono Pausch ma, ieri, la
mia giornata lavorativa è iniziata alle tre e mezza di mattina.
Touché.Ti
facciamo l’ultima domanda: in cosa consiste la tua particolare eccellenza?
Nel fatto che non capisco perché me la
attribuiate.
Spiegati
meglio…
In Abruzzo, quando mi hanno assegnato il premio, le
persone che mi conoscevano sono state invitate a scrivere qualcosa di me: i più
hanno parlato di “umiltà e umanità” e di “attenzione profonda per ogni persona”
indipendentemente dal ruolo e dalla posizione.
Quindi
la tua eccellenza consiste nell’umiltà?
Se così fosse ne sarei fiero. Non mi apparteneva agli
inizi della mia vita professionale: sono stati anche gli insuccessi a renderla una
cifra della mia personalità.
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